Testo tratto da "I giorni del sole e del grano" di Alfredo Panzini, 1929
Il cimitero non è proprio vicino alla casa; è di là dal fiume dietro la chiesa parrocchiale. Non so nemmeno come sia dentro perché non ci sono mai entrato. Questo cimitero non ha d'intorno botteghe con articolo mortuari, e nemmeno osterie, ma campi di grano; e alcune donne del paese a cui ho manifestato questa mia intenzione di stabilirmi definitivamente in campagna piuttosto che fra i figuranti marmi di una città monumentale, hanno detto con tutta semplicità: "E fa bèn! (fa bene)". E mi hanno assicurato che sarebbero venute a trovarmi il giorno dopo la festa di tutti i Santi.
C'era molta sincerità nelle loro parole. I due cipressi - come due carabionieri - l'uno di qua l'altro di là della chiesa, li incontro sempre quando vado al mattino, quando ritorno la sera, e il sole pare si allunghi giù dal cielo come una gocciola enorme di metallo liquefatto per precipitare nel piano che si scopre in fondo alla landa.
Ma non ci si può fermare, nemmeno per guardare il sole. Passano ogni momento quelle automobili. Cediamo la destra, andiamo, sì signori, nel fosso, Passa Sua Maestà il motore. Non scarta di linea, non allenta di un giro. Ci avvolge nel polverone. Grazie, Maestà, di averci avvertiti: lei ci poteva schiacciare e non ci ha schiacciato. Grazie.
Dico il motore, non quelli che ci sono sopra. Che cosa ne sanno essi?
Siano gentiluomini, siano villani, son tutti al servizio del motore.
Ciclo impresa estrema domenicale dedicata allo scrittore Alfredo Panzini, la sua casa al mare per le vacanze, la sua spiaggia, la sua campagna, la sua casa (villa) padronale, la sua tomba.
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